Con il passaggio in massa alla didattica a distanza, il proctoring degli esami online, o eProctoring, è diventato un “tema caldo” nella formazione digitale. Come spesso accade in circostanze inconsuete e impreviste, sono sorte numerose domande e preoccupazioni lecite. Ci sono, anche, falsi miti sul processo di monitoraggio a distanza. Tutto questo spesso deriva da cattive pratiche nell’applicazione degli strumenti digitali o dalla scelta di strumenti poco congeniali in primo luogo.
Vediamo di seguito una panoramica degli interrogativi più comuni sull’eProctoring.
eProctoring significa necessariamente tecnologie invasive?
Naturalmente non potremo, in questo articolo, esaminare e recensire ogni singolo software di proctoring sul mercato. Ad ogni modo, sappiamo che i software offerti dai migliori provider di eProctoring hanno bisogno dell’autorizzazione degli utenti all’installazione e al momento dell’utilizzo. Tutto quello che il software di eProctoring fa sul dispositivo è reso noto al discente, che sia disabilitare le funzioni di “copia e incolla” o bloccare le altre finestre dell’internet browser per la durata del test.
Un buon software di Proctoring non dovrebbe poter accedere al dispositivo dell’utente al di fuori della finestra su cui si svolge il test. Proprio come farebbe un software utilizzato da un addetto all’assistenza IT che lavora da remoto, offrendo un accesso temporaneo, limitato e visibile ad una sessione specifica e verificabile.
L’eProctoring è un’invasione della privacy?
Ogni volta che un esame viene sostenuto in presenza c’è sempre qualcuno incaricato di osservare i candidati per assicurarsi che le regole vengano rispettate. Quando un esame di svolge online, tale sorveglianza rimane necessaria e deve pertanto avvenire tramite gli strumenti tecnologici.
Contrariamente a quanto si crede, sostenere un esame online comporta un’invasione della privacy inferiore a quella intrinseca nel sostenere un esame in presenza. Nel processo online, i candidati possono scegliere di svolgere l’esame dovunque vogliano. Una libertà inesistente quando un esame avviene in una location precisa, nella quale i candidati sono esposti allo sguardo della vigilanza.
I “falsi allarme” dell’Intelligenza Artificiale mettono nei guai gli studenti onesti?
La maggior parte dei software di Proctoring usano sofisticate forme di revisione per monitorare quanto succede durante la sessione d’esame. Ad esempio registrando quello che accade sul computer in uso o analizzando i rumori di fondo.
Tuttavia, qualunque sia la loro configurazione e funzionamento, gli strumenti di Proctoring non servono ad “accusare” gli studenti di aver copiato, come molti credono. Il sistema si limita a registrare gli avvenimenti fuori dall’ordinario. Sono operatori umani che dovranno revisionare le registrazioni (di solito più di una persona). Saranno loro a concludere se si è trattato di un’infrazione.
Tali operatori dovrebbero essere persone coinvolte nelle attività didattiche, professori o assistenti, persone che conoscono gli studenti. Gente cosciente della natura dell’esame e che sa riconoscere la differenza tra comportamenti normali e illeciti.
Se il personale scolastico lascia che sia il solo l’algoritmo di un software a determinare chi sta o non sta commettendo un’infrazione, allora si sta commettendo un grave errore nell’applicazione di queste tecnologie.
I dati raccolti tramite l’eProctoring potrebbero essere utilizzati a fini commerciali?
È corretto sostenere che tutto ciò che accade online genera dati e che nessun sistema online sarà mai infallibile. Eppure l’idea che i dati derivanti dagli esami online vengano condivisi o venduti a fini commerciali è solo un mito.
Il punto cardine è che i dati relativi ai test appartengono all’istituto presso cui si sostengono gli esami, non all’azienda che fornisce il sistema di eProctoring. Ciò significa che l’impresa commerciale che fornisce il software di proctoring non ha alcun diritto su quei dati. Non è autorizzata a venderli o condividerli con terze parti. Sono sempre gli istituti formativi, a tal ragione, a stabilire quanto a lungo tali dati debbano essere conservati.
Inoltre, la vendita di dati relativi agli studenti è proibita sia in Europa che negli Stati Uniti e non si sono mai registrati casi di istituti formativi che abbiano venduto dati degli iscritti a fini commerciali.
L’eProctoring è veramente necessario?
Sempre più spesso capita che gli studenti chiedano alle istituzioni la possibilità di fare a meno dei metodi di monitoraggio online. Tale possibilità è un mito tanto quanto l’idea che un algoritmo di intelligenza artificiale, da solo, possa determinare con certezza assoluta un caso di infrazione. I software di eProctoring si possono paragonare a dei rilevatori di fumo. Possono accorgersi di cose che sfuggono alle persone. Saranno le persone, però, a sincerarsi che ci sia o meno un’effettiva emergenza.
Lo svolgimento di esami non monitorati non solo aumenta il tasso di infrazioni, ma le “incoraggia”. Quando una sessione d’esame non è soggetta ad alcun controllo, gli studenti percepiscono una certa noncuranza da parte delle istituzioni riguardo il rispetto delle regole. Di conseguenza un’infrazione viene sentita come meno grave.
Tutor e insegnati possono cercare di sviluppare forme di valutazione che per loro natura scoraggino i tentativi di copiatura o altre infrazioni. Ad esempio con esami che mettano alla prova il pensiero critico o la capacità di applicazione delle nozioni apprese invece della semplice capacità mnemonica. Questo però non è sempre possibile per tutti i percorsi formativi.
Finché ci saranno esami online strutturati con domande dirette, che richiedono risposte puntuali, ci sarà bisogno di una qualche forma di tutela dell’integrità accademica.
Scegliere il giusto software di eProctoring è solo il primo passo
È diventato imperativo per le istituzioni dotarsi di strumenti di eProctoring sicuri e ben integrati nell’ambiente di eLearning. Strumenti che servono a non “appesantire” inutilmente i dispositivi dei discenti durante le prove. Occorrono mezzi di tutela efficaci che non generino preoccupazioni e incomprensioni gratuite. Occorre, però, soprattutto, formare gli insegnanti al corretto utilizzo degli strumenti di formazione digitale.
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